Quando la preghiera diventa casa

Spunti di formazione per animatori in stile salesiano, l’importanza della preghiera!

A volte si pensa che i momenti di preghiera nei campi scuola o al grest debbano essere solenni, silenziosi, quasi “fuori dal tempo”. Ma forse sarebbe più bello immaginarli come spazi abitabili. Spazi in cui un ragazzo o una ragazza possano sentirsi accolti, liberi di essere se stessi, eppure accompagnati. Un luogo dove Dio non è lontano, ma si fa vicino.

Anche Gesù, quando gli chiedono: “Signore, insegnaci a pregare”, non risponde con una teoria. Insegna parole semplici, che parlano del pane quotidiano, del perdono, del Padre che ci ama. E racconta una storia: un amico che bussa, uno che risponde, un dialogo ostinato. Ci insegna che pregare è fidarsi, insistere, restare connessi.

Don Bosco stesso ha imparato a pregare fin da piccolo, in famiglia, con la mamma e i fratelli. Ricorda ancora con gratitudine i primi passi, la prima confessione accompagnata da sua madre, e poi l’incontro con don Calosso, che lo ha aiutato a scoprire che la fede non è solo un insieme di gesti, ma un’esperienza viva, personale. Un’amicizia.

Per noi animatori, tutto questo può diventare ispirazione. I momenti di preghiera, nei nostri gruppi, possono essere semplici ma intensi, curati senza essere rigidi. Potrebbe bastare predisporre con attenzione l’ambiente – un angolo ben illuminato, un simbolo, una musica scelta con cura – per invitare al raccoglimento. Si potrebbe pensare a preghiere brevi, con un linguaggio chiaro, che tocchino davvero la vita dei ragazzi.

Anche i gesti contano. Un canto, una lettura, una candela accesa da uno dei partecipanti possono rendere la preghiera più concreta, più condivisa. Far partecipare i ragazzi – nella lettura, nei segni, in una preghiera spontanea – può aiutare a sentirsi parte, a non vivere il momento come qualcosa da “subire”, ma come qualcosa da vivere.

Non si tratta di fare grandi discorsi, ma forse di dire poche cose che aiutino a respirare. Un invito alla calma. Un tempo breve, ben strutturato. Qualche istante di silenzio. Magari un’immagine da guardare o una domanda su cui riflettere. Non tutto va spiegato, ma tutto va preparato con cuore.

Può essere utile anche variare le proposte. A seconda dell’età, della sensibilità del gruppo, si può scegliere tra l’adorazione, la celebrazione della Parola, un momento penitenziale, un rosario meditato. E magari proporre ai ragazzi non solo “di pregare”, ma di scoprire che pregare può far bene, può diventare abitudine, come diceva don Bosco: “Chi prega è come colui che va dal re.”

Per preparare bene un momento di preghiera, sarebbe utile farsi alcune domande: Chi ho davanti? Cosa voglio trasmettere? Qual è il messaggio centrale? Come posso renderlo visibile, udibile, toccabile? Una frase, un gesto, un canto possono diventare canali potenti se scelti con amore.

Alla fine, però, conta soprattutto l’autenticità. I ragazzi capiscono subito se chi prega lo fa davvero o solo “per dovere”. Un animatore che prega con sincerità, senza forzature, è già una testimonianza. E anche se non dice molte parole, lascia il segno.

Come diceva Giovanni Paolo II, “la preghiera non va data per scontata: è necessario imparare a pregare, quasi apprendendolo ogni volta dalle labbra del Maestro.” Anche noi animatori possiamo metterci in ascolto, con i ragazzi, lasciandoci guidare. Perché, in fondo, ogni momento di preghiera ben vissuto è una porta aperta: su Dio, su di noi, sugli altri.

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