Durante l’anno ho ricevuto diverse proposte, diverse chiamate, che in realtà all’inizio non ho voluto ascoltare. Tutto l’anno mi ha “chiamato”, in modi diversi, facendomi proposte buone.
Durante l’anno ho ricevuto diverse proposte, diverse chiamate, che in realtà all’inizio non ho voluto ascoltare. Ho un amico dell’anima, un padre spirituale, salesiano, che mi ascolta e mi consiglia. Tutto l’anno mi ha “chiamato”, in modi diversi, facendomi proposte buone.
Mi chiamo Zippora Tomelleri, vengo da Verona e ho 21 anni. In realtà tutti i miei amici mi chiamano semplicemente Zippi, perciò mi piace presentarmi così. Ho iniziato a sentir parlare di don Bosco quando ancora non sapevo parlare, perché mia mamma è maestra in una scuola salesiana. Ho iniziato a conoscerlo più seriamente in prima media, quando i miei genitori mi hanno iscritta all’istituto salesiano don Bosco di Verona. Lì sono rimasta fino alla quinta superiore. Per studiare, certamente, ma anche “a vivere”, perché il don Bosco è diventato presto una seconda casa, dove, dopo la scuola, restavo con i miei amici anche fino a tardi, per giocare, partecipare ai gruppi ADS (Amici di Domenico Savio), fare animazione ai più piccoli. Negli anni delle superiori ho coltivato le mie due passioni più grandi: cantare ed essere animatrice.
Sono una normalissima ragazza appassionata di musica, canto sempre, dalla mattina alla sera, tanto che in quinta superiore ho iniziato a pensare di studiare canto professionalmente in un’accademia di musica contemporanea. Purtroppo i costi si sono rivelati proibitivi, e questo mi ha mandata in cortocircuito. Cosa fare della mia vita?
Durante l’anno ho ricevuto diverse proposte, diverse chiamate, che in realtà all’inizio non ho voluto ascoltare. Ho un amico dell’anima, un padre spirituale, salesiano, che mi ascolta e mi consiglia. Tutto l’anno mi ha “chiamato”, in modi diversi, facendomi proposte buone, soprattutto nell’ambito dell’animazione, che mi spostavano dai miei problemi e cercavano di alzare il mio sguardo. Ma io ero così preoccupata e piena di paure che non vedevo il bene e mi sentivo bloccata nello scegliere. Poi, a un campo scuola con i ragazzi di terza media, in passeggiata mi ha avvicinato e mi ha detto: “e se andassi un periodo in missione?”
Vi assicuro che non avevo mai neanche lontanamente immaginato di partire per la missione. Non perché fossi contraria o mi facesse paura. Semplicemente non avevo mai pensato che potesse essere una cosa per me.
In quel momento si è accesa una luce, ho intravisto una strada, e non sapevo dove sarei andata a finire. Ho sentito che la proposta di partire era una chiamata del Signore e ho detto: “Vado!”. Ho conosciuto di lì a poco l’Operazione Mato Grosso (OMG), un movimento di giovani italiani che dall’Italia lavorano ogni giorno per poter mantenere interamente le proprie missioni in america latina, in Perù, Ecuador, Brasile e Bolivia.
Così il 23 febbraio del 2024 sono partita per il Perù, per vivere 6 mesi in un paesino sulla Cordillera Blanca delle Ande, Sapchá, della parrocchia di Chacas, a 3400 metri s.l.m, per stare in mezzo ai poveri. Tra loro io facevo oratorio, l’oratorio di don Bosco, insegnavo musica in una escuela de don Bosco, e ho iniziato un doposcuola per bambini della primaria di un "caserío" di Sapcha, Cochaucro.
Ho preparato un gruppo di 250 bambini alla prima comunione e accompagnato alcuni mesi i ragazzi che si preparavano a ricevere il sacramento della Cresima. Vivevo in una “parroquia” dell’OMG dove vive da 25 anni una signora romagnola. Spesso la mattina camminavo per i caserios intorno a Sapchá e portavo i viveri ai poveri più anziani, li visitavo e gli facevo compagnia, aiutandoli nei lavori più pesanti, come lavare i vestiti, o raccogliere il mais e le patate nei campi. Ho camminato davvero tanto, a Sapchá non c’erano le macchine! Ogni giorno calcolavo almeno 4-5 ore di cammino. Il primo mese non conoscevo neanche la lingua, il castillano, sono stati i bambini a insegnarmelo, con pazienza, correggendomi quando sbagliavo.
Sono stati sei mesi intensi, faticosi anche, in cui davvero ogni giorno ero chiamata a uscire dalla mia comodità e dalla mia resistenza, a fidarmi, a regalarmi. I poveri bussano con insistenza, non lasciano dormire, ribaltano le nostre prospettive. Ero partita interrogandomi molto sulla mia vocazione, in particolare su una domanda: “sono amata?” perché mi sentivo tanto povera e sola. Mi avevano detto: nessuno è così povero da non essere amato. Volevo vederlo con i miei occhi, sperimentarlo con le mie mani. I poveri mi hanno insegnato che non solo siamo tutti amati immensamente, ma addirittura che nessuno è così povero da non poter amare!
La loro generosità, i loro piccoli gesti di condivisione, anche quando non avevano niente, mi hanno commossa profondamente. Sono tornata scombussolata, col desiderio di ripartire subito. Finché sarò qui in Italia e finché non avrò dato una direzione alla mia vita, continuo a ripetermi: “puoi amare, è questa la tua chiamata!”




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