Ogni minore è titolare di diritti inalienabili che dobbiamo riconoscere, custodire e promuovere. Come educatori siamo chiamati a costruire giustizia a partire dai più piccoli. Oggi parliamo del diritto a essere ascoltati
Vitaly Gariev
«Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10)
E se fosse il contrario? Se fosse il minore a dirci: “Ascoltami”?
C’è un diritto silenzioso, ma potente. Un diritto che spesso viene ignorato non per cattiveria, ma per fretta, distrazione, superficialità. È il diritto ad essere ascoltati. Ogni minore ha bisogno di parole che lo orientino, ma prima ancora ha bisogno di adulti che sappiano tacere con rispetto e ascoltare con il cuore.
La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, all’articolo 12, afferma chiaramente che il minore capace di discernimento ha diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo riguarda, e che questa opinione deve essere tenuta in debita considerazione.
Ma al di là delle leggi, c’è un’urgenza educativa: in una società dove tutti parlano e pochi ascoltano, ascoltare un ragazzo è già un atto rivoluzionario.
Don Bosco non aveva solo orecchie attente: aveva cuore e tempo. I suoi ragazzi non erano numeri, ma storie vive. Quante volte li ha ascoltati in cortile, in confessionale, nei momenti di difficoltà! La sua pedagogia non parte dall’imposizione, ma dalla relazione: “Parla, io ti ascolto”, come segno di fiducia e rispetto.
Nel cuore del Sistema Preventivo c’è un ascolto che educa alla libertà, non al controllo. Un ascolto che costruisce fiducia, che incoraggia a tirare fuori il meglio di sé, che dà al giovane la certezza di valere.
“I giovani non solo vanno amati: devono sapere di essere amati”.
E come possono saperlo, se nessuno si prende il tempo di ascoltarli?
Ascoltare i minori non è solo proteggerli. È educarli alla partecipazione. È dire loro: “La tua opinione conta”, “Il tuo pensiero è importante per noi”. Nella scuola, nella famiglia, nella parrocchia, nel gruppo giovanile, dobbiamo creare spazi dove i ragazzi possano parlare, confrontarsi, esprimere idee, critiche, sogni.
L’ascolto è fondamento della democrazia e della cittadinanza attiva. È il primo passo per formare giovani consapevoli, capaci di discernere, di scegliere e di contribuire alla costruzione di un mondo più giusto.
Papa Francesco lo ricorda con forza: siamo una Chiesa in ascolto. Il cammino sinodale non comincia con strategie pastorali, ma con un gesto umile: mettersi in ascolto del popolo di Dio, e in particolare dei giovani. Non basta parlare “dei” giovani: occorre ascoltare “con” loro e “da” loro.
Questo vale anche per le nostre comunità salesiane. Se vogliamo educare, dobbiamo prima lasciarci educare dall’ascolto. Ascoltare le domande di senso degli adolescenti. Ascoltare i silenzi che nascondono sofferenze. Ascoltare i sogni che faticano a nascere.
Solo un’educazione che ascolta può diventare credibile, feconda, evangelica.
Ascoltare non è un’attività accessoria. È un atteggiamento vocazionale. Per cominciare, possiamo:
In un mondo che spesso vuole solo che i minori stiano “zitti e buoni”, noi vogliamo educare con l’orecchio del cuore. Perché ogni ragazzo e ogni ragazza ha qualcosa da dire. E perché solo chi si sente ascoltato, imparerà a sua volta ad ascoltare gli altri.
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