Desiderio di servire: una bussola vera

Annamaria Brotto ci racconta la sua esperienza missionaria al Don Bosco Child Protection Centre del Ghana con il progetto del VIS (Volontariato Internazionale Sviluppo).

Cari amici del Movimento Giovanile Salesiano,

mentre negli oratori delle nostre città iniziano le attività estive, la mia esperienza di servizio in Ghana volge ormai al termine. Nonostante i saluti si susseguano di giorno in giorno, una parte di me ancora non riesce a credere che quanto ho vissuto si stia già concludendo; sembra ieri quando ho messo per la prima volta piede su questa terra, con la mente e il cuore carichi di entusiasmo, attese, paure e speranze.

Sono stati mesi intensi, trascorsi tra il Don Bosco Child Protection Centre e la sede VIS di Ashaiman, interrotti soltanto da una breve visita alla casa salesiana di Sunyani e alla loro Boys Home. Rimanere in equilibrio tra queste due realtà è stata una sfida quotidiana, ma anche una preziosa occasione di crescita umana e professionale: alternare il servizio concreto e gratuito accanto ai ragazzi a un lavoro di ufficio nell’ambito che più mi sta a cuore, quello della child protection, mi ha permesso di sperimentarmi in ambienti molto diversi e di mettermi in gioco con tutto ciò che sono, non solo con quello che so fare. In questo continuo reinventarmi, mi sono scontrata con limiti che non sapevo di avere, riconosciuto ciò che mi appesantisce, e fatto nascere dubbi là dove ero convinta di avere certezze. Eppure, in mezzo a tutto questo, il desiderio di servire è rimasto la bussola più vera.

Ho scoperto ben presto che i nostri talenti, per quanto preziosi possano essere, non bastano. Di fronte alla povertà e alla sofferenza che qui si incontra quotidianamente, quello che si può fare è spesso molto poco. Non sempre – anzi, quasi mai – si può “fare” qualcosa, e allora non rimane che “esserci”, con tutto l’amore di cui si è capaci. E in questo esserci, fragile e imperfetto, io ho trovato il senso più vero del mio servizio.

I bambini che ho incontrato, lungi dall’essere banali “destinatari” del mio volontariato, sono stati la luce costante di questi mesi. I loro sguardi meravigliati e i loro sorrisi pieni di vita hanno continuato a ricordarmi ogni giorno il significato della mia presenza qui, anche quando la rotta sembrava smarrita e la mia fede vacillare. È stato grazie alla loro presenza e al modo in cui hanno saputo accogliermi e custodirmi che ho potuto accettare e abbracciare anche il mio sentirmi spesso un “servo inutile”, trasformandolo in un atto di amore autentico e profondo, capace di dare un senso nuovo al mio cammino.

È stata – e continua ad essere – un’esperienza travolgente, ricca di scoperte, di cambiamenti, di cadute e di riprese, che mi ha donato tanto e al tempo stesso mi ha messa profondamente in discussione. Ha fatto crollare certezze, aperto domande, allargato prospettive. So che ci vorrà tempo per rimettere insieme tutti i pezzi, rielaborare, capire davvero come mi ha cambiata e in che direzione mi porterà.

Non manca molto alla mia partenza, ma so con certezza che tutto ciò che questo Paese mi ha regalato non si esaurirà una volta tornata in Italia. Quanto ho visto e vissuto, la bellezza e la sofferenza che ho incontrato, continueranno a vivere in me e saranno il seme di nuovi sguardi, di nuove scelte, di un modo diverso di abitare il mondo.

Per ora, non mi resta che dire “Medase paa” Ghana, perché adesso so di avere un’altra casa che mi aspetta qui.

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