Amore

«Non è vero che, quando l’amore finisce, si trasforma sempre in indifferenza o in odio. A volte si trasforma in un’altra forma di amore. Non più emozione, ma sentimento. Potente e profondo, come solo i sentimenti autentici. La fine della loro storia non aveva peggiorato i due ex, che sulle ceneri dell’eros avevano edificato il legame più sincero che possa esistere tra un uomo e una donna: l’amicizia che ha sublimato la passione in condivisione», così Gramellini nel suo “Caffè” del 16 ottobre.

Gramellini, come me, non ha molto spazio: non è facile parlare di cose così complesse e profonde in poche righe. Ma quello che più appare irritante, almeno a me, è questa tendenza a offrire uno “schema”, dove l’amore quando parte è di un certo tipo, poi si trasforma, ma capita che possa trasformarsi anche in una forma diversa, fino al punto di arrivare ad essere un sentimento autentico (Dio ci aiuti a capire quale sia il significato e il contenuto della parola “autentico”).
Ripeto sarà lo spazio compresso, la fretta, ma il mondo sentimentale è così “meccanico”? È proprio governato da tali meccanismi?

Meno male che aggiunge, ad un certo punto, che i due “avevano edificato”; finalmente un’espressione “umana”, dove si avverte il respiro della libertà, di una qualche scelta, di una qualche decisione presa…

E non è che, magari, nell’esperienza umana l’eros possa continuare a convivere, magari con meno vivacità, assieme ad un’amicizia che cresce, ad un amore che da “vissuto” e “sentito” ora è “scelto”, “deciso”.

Aspetti questi non legati ad una qualche forma di “fatalità”, ma piuttosto di una lotta che un essere umano ingaggia con la sua bramosia di possesso e il desiderio di accogliere, di stare accanto all’altro, nonostante non lo si capisca e non lo si conosca fino in fondo, e lo si ami, magari, esattamente per questo, perché è “lui” o “lei”, e quindi disarmati di fronte a lui/lei, perché esiste uno spazio, un resto che mai potrà essere colmato.

So long!